Progetto WelcHome – Appunti di viaggio!
Mi si chiede di dare una breve testimonianza come Famiglia rispetto all'esperienza, tuttora in corso, di aver accolto in casa propria uno dei tanti ragazzi “minori non accompagnati” arrivati qui in Italia come migranti dai propri paesi in fuga da guerre, carestie o più “semplicemente” in cerca di un lavoro e di un futuro migliore. Ospito dall'ottobre 2016 un ragazzo pakistano, all'epoca diciassettenne, arrivato in Italia da nemmeno un anno ed ospitato, all'epoca, dall'Associazione Don Orione di Magreta. Non è secondario ai fini della presente testimonianza richiamare il ruolo svolto e tutt'ora presente della Associazione, stante che di fatto mi posso di certo definire una “famiglia” abbastanza anomala.
Sono di fatto un single, felicemente tale, sulla soglia dei 60 anni, ancora impegnato col lavoro e con pochi ma buoni interessi culturali, sportivi e di svago in genere. Nonostante ciò, da tempo, a fronte del fenomeno, sempre più drammatico, dei migranti e non solo, sentivo la necessità, al pari di tanti altri, di “fare comunque qualcosa”, pur nel mio piccolo e nelle mie possibilità, ed è stato così che ho dato una prima generica disponibilità a dare un aiuto. Avendo una casa ben più grande delle mie necessità, avevo dato la disponibilità ad accogliere temporaneamente una delle tante famiglie in difficoltà. Mi limitavo di fatto a dare un aiuto materiale, un tetto o poco più, perché altro non mi sarei immaginato di poter fare.
Venuto a conoscenza in modo “quasi” casuale e con ben altre intenzioni del progetto Welchome, ovvero accoglienza minori presso famiglie, grazie ad un percorso fatto di numerosi incontri e colloqui con la psicologa, l'assistente sociale e la responsabile di tale progetto, alla fine, rassicurato sulle mie “capacità” ho accettato la sfida e, da ottobre è cominciata l'avventura. Il mio primo problema è stato proprio quello di riconoscermi come “famiglia”, ancor più come famiglia in grado di ospitare un minore, seppur adolescente. Indipendentemente dalla sua provenienza, storia, origine, lingua o condizione, l'idea di farmi carico di un adolescente, ovvero prendermi in casa un ragazzino, era per me come prendersi in casa un alieno, un marziano. E tale idea era di certo condivisa da amici e familiari che alla notizia, hanno subito pensato ad un “ricovero coatto” per una improvvisa follia. La paura e i timori sono stati effettivamente tanti, chi dei due, tra me e il ragazzo, fosse più spaventato dalla nuova situazione non saprei dirlo. Grazie però all'aiuto anche dell'Associazione Don Orione, così come degli stessi operatori/responsabili ed altri aderenti del progetto, che non ci hanno mai abbandonato, anche i primi timori e non nego prime difficoltà sono stati superati.
Come dicevo, le prime settimane i bisogni “materiali” sono apparsi evidentemente prioritari. Fornirlo di vestiti (ci avvicinavamo all'autunno), attrezzargli una camera “tutta sua” dove potesse ritrovare un proprio spazio, trovare cibi o a lui noti o comunque che potesse mangiare tutti i giorni (è mussulmano quindi rigorosamente halal !!!), quindi cucinare tutti i giorni, seppur per me del tutto nuove come esperienze, con l'aiuto di amiche e dell'Associazione di cui sopra, mi è venuto abbastanza facile. Qualche difficoltà in più, esperienze altrettanto originali e inaspettate rispetto alle mie precedenti abitudini, l'ho avuta nel convincerlo, principalmente per il problema della lingua, a frequentare la scuola media inferiore per prendere almeno la licenza media e, di conseguenza, per me l'andare poi dai professori per seguirne l'andamento o il chiedergli conto dei compiti alla sera. Di tanto altro potrei dire, aneddoti buffi e meno buffi provocati ovviamente da situazioni di confronto con un mondo ed a una cultura, ma soprattutto una età del ragazzo per me inimmaginabili da una parte e, dall'altra, da una mia sostanziale inadeguatezza come figura “paterna”.
Al di là di tutto ciò, alla fine veramente importante certamente gratificante per me, di tutta questa avventura, è stato il vederlo, sera dopo sera, prendere confidenza e fiducia con la “mia del tutto nuova famiglia” e sentirsi sempre più parte di essa, ovvero, vederlo sempre più ritrovare fiducia in se stesso e mostrarsi per quel che veramente forse è, con i suoi ricordi e nostalgia del suo paese, della sua famiglia e amici, ma anche delle sue speranze e voglia di crescere in un modo e mondo migliore di quanto non lo sia stato sino ad ora per lui. Ora, divenuto maggiorenne (però ha infine preso la licenza media), l'affido si è trasformato in accoglienza, le difficoltà per lui si faranno più concrete e dure da superare. Il suo scopo prioritario è divenuto la ricerca di un lavoro che così come per tanti altri giovani, non sarà certamente facile trovare. Ma ho fiducia che anche grazie a questo “nostro breve viaggio” , il futuro gli apparirà meno grigio e incerto e lo saprà affrontare di certo con più coraggio. Se così sarà, l'idea di aver, seppur con poco, contribuito a ciò, sarà per me la più grande e impagabile ricompensa di questa mia “follia”!
P.S. . dimenticavo di dire che tra le più grosse difficoltà incontrate durante l'affido ci sono state le quotidiane telefonate delle 7 del mattino di mia madre : “ha mangiato?, ha dormito bene?, l'hai vestito che fa freddo? ….”
Corrado