Santi, Enrica e Sergio

Molto spesso ci siamo chiesti e ci chiediamo che tipo di accoglienza possiamo offrire a Santillian, il ragazzo albanese di 18 anni che vive con noi e che probabilmente con persone più giovani troverebbe un contesto più adatto e più rispondente alle sue necessità...".

di Laura Solieri 

A raccontare questa storia sono Enrica Dignatici e Sergio Bedini, rispettivamente di anni 71 e 73, entrambi in pensione e residenti a Modena. Enrica e Sergio hanno 5 figli, ormai grandi e tutti fuori casa, che gli  hanno dato 15 nipoti (da 5 a 23 anni), con esigenze svariate, che vanno dal tenere i piccoli quando sono ammalati a dare qualche lezione pomeridiana ai ragazzi, a mettere i nonni in movimento per portarli o ritirarli dalle varie attività. 

"Il progetto Welchome si è, come dire, infilato in casa nostra, in modo quasi surrettizio - sorridono Enrica e Sergio - Lo conoscevamo perché avevamo partecipato nella parrocchia di san Lazzaro a qualche incontro di presentazione: ci aveva attirato, ma poi inizialmente avevamo pensato, pur con un certo dispiacere, di non essere in grado realisticamente di aderirvi.

Come pensare di avere tempo ed energie per altro?

Ma poi è successo che abbiamo ricevuto una richiesta diretta, personalizzata, proveniente da un’educatrice che conosciamo, che chiedeva la disponibilità a far terminare la scuola ad un ragazzo che, compiendo i 18 anni, non poteva più rimanere in comunità e aveva bisogno di un ambiente familiare per fare l’ultimo anno dello Ial. A questa richiesta così puntuale, e anche definita nel tempo, abbiamo pensato di non potere dire di no, pensando che fosse alla nostra portata". 

In un secondo tempo, Enrica e Sergio si sono ritrovati così nel progetto Welchome e affermano di essere molto contenti di questa esperienza, che certamente ha anche dei lati di fatica, ma largamente compensati da quello che ne ricevono.

"Santi (così si fa chiamare, abbreviando) è con noi dallo scorso settembre e frequenta l’ultimo anno dello Ial, indirizzo metalmeccanico. E’ un ragazzo semplice, retto, onesto, determinato ad ottenere la qualifica per potersi trovare un lavoro e impostare una sua vita qui in Italia. Ovunque abbia fatto lo stage, è stato apprezzato per il suo impegno e la sua volontà di lavorare. Così è anche in casa, dove si offre sempre per fare qualcosa. Finchè non c’era in giro il coronavirus, il mattino frequentava la scuola e il pomeriggio incontrava qualche amico o andava in palestra.

Ora è chiuso in casa con noi e il tempo è più faticoso a passare: si interessa con noi delle notizie date dalla televisione, ha sempre gli occhi rivolti a ciò che succede in Albania, è spessissimo al telefono con casa sua, con la madre e i nonni o con suo padre, che lavora in Grecia.

Su suggerimento dell’assistente sociale, ha cominciato ad utilizzare questo tempo “vuoto” per prepararsi a prendere la patente. Noi lo aiutiamo e impariamo tante cose nuove...  Santi cerca anche di parlare di più con noi: ci racconta di quando era piccolo, ci fa vedere sul cellulare scene o messaggi di personaggi albanesi (cantanti o attori), ci parla della vita in campagna dei suoi nonni, o delle birichinate di suo fratello...

Grazie a questa esperienza, verso la quale continuiamo ad avere ancora tanto da imparare, possiamo dire che, se non si pensa solo a se stessi e al miglioramento continuo delle proprie condizioni, ma si cerca di tenere gli occhi e il cuore aperti alle tante necessità che sempre più ci stringono da ogni parte, il resto viene da sé: ogni giorno si aprono strade nuove, occasioni impensate, cammini che non credevi di potere intraprendere e che invece ti ritrovi a compiere.

Grazie a Santi, al progetto Welchome  e alle famiglie che abbiamo conosciuto negli  incontri comuni e che ci hanno edificato per la loro generosità e per l’impegno che hanno messo e mettono in questa accoglienza!".

 

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