articolo di Laura Solieri pubblicato sulla Gazzetta di Modena il 22 agosto 2021
Un’esperienza di accoglienza che ti fa guardare la città in cui vivi e le attività che svolgi e che svolgono le altre persone con occhi nuovi, perché ogni situazione può diventare un'opportunità da proporre, un'occasione di svago e socializzazione. È così che Arianna Bartolucci, 39 anni, di Modena, descrive la sua esperienza di adesione al progetto Welchome (www.welchomemodena.it) di accoglienza in famiglia di minori stranieri non accompagnati e giovani richiedenti asilo sul territorio modenese. Ali Ahmed Ali, che oggi ha 19 anni, è un ragazzo somalo con cui Arianna e suo marito Claudio hanno intrapreso il percorso Welchome due anni fa.
«Più che lunga, è importante che la vita sia larga – sorride Arianna che nella vita lavora come educatrice per la cooperativa Aliante di Modena ed è operatrice di teatro sociale e di comunità per il Teatro dei Mignoli e Cantieri Meticci di Bologna - Allargare la rete delle conoscenze è importante per Ali ma anche per me, per mio marito, è un esercizio a guardare sempre con occhi aperti e nuovi, a non dare per scontata la città in cui si vive. Per questo consiglio alle famiglie anche l’opzione “Welchome Light”, perché se anche non è totalizzante nella convivenza, offre comunque molto ai ragazzi, garantendo un esserci più flessibile e diffuso a seconda di ciò di cui hanno bisogno. Ali per esempio era già abbastanza grande quando ci siamo conosciuti, avrebbe da lì a poco compiuto i 18 anni e stava per uscire dalla Comunità per minori stranieri non accompagnati e avendo ottenuto i documenti che gli garantiscono l'asilo politico poteva e può ancora accedere a servizi che lo tutelino nell'avere un appartamento in cui vivere. Ma quel che gli mancava era il resto, una base affettiva, qualche adulto con cui parlare, chiedere consiglio, essere accompagnato nelle scelte sul futuro, a un colloquio di lavoro o semplicemente mangiarsi insieme una pizza al sabato sera».
Sapere che se anche "sei grande", vivi da solo e puoi badare a te stesso, puoi sempre contare su qualcuno che ti vuole bene è fondamentale. Ali è un ragazzo con tantissime risorse ma non ha le stesse opportunità e capitale sociale di cui dispongono altri ragazzi, non avendo nessuna rete familiare e avendo una conoscenza della lingua italiana buona ma limitata. Per questo ogni piccola cosa fatta insieme può essere comunque importante, sia dal punto di vista pratico (compilare insieme una domanda per il centro per l'impiego) o sociale-affettivo (portarlo a fare teatro), perché come si dice e come sottolinea Arianna “non di solo pane vive l'uomo”.
Sul sito del progetto sono illustrate le modalità con cui è possibile aderire ad esso: tra queste, la modalità light, un affido parziale che non prevede la convivenza ma di stabilire una relazione significativa con degli adulti di riferimento al fine di garantire supporto al progetto di vita del minore che giunge in Italia.
«Quello che io e Claudio abbiamo fatto non è stato tanto riorganizzare la nostra quotidianità, ma aprirla e offrirla per come essa era cercando di condividerla il più possibile con Ali, portandolo nei nostri luoghi, facendogli conoscere i nostri amici, festeggiando insieme, parlando, giocando, ridendo – dice Arianna – Io, per esempio, lavorando all'Happen, un centro di libera aggregazione giovanile sotto al palazzo R-Nord del quartiere Sacca, l'ho spesso coinvolto nelle attività che vi si svolgevano e ora è diventato per lui un punto di riferimento nella città in cui può stare a prescindere da me, perché trova persone e spunti per sviluppare le sue passioni, per esempio il montaggio video». E' importante aprire occasioni che non siano solo quelle dei bisogni (trovare casa e lavoro) che sono giustamente la primaria preoccupazione da soddisfare, ma anche la dimensione dei desideri e della creatività, per far sì che questi ragazzi possano davvero crescere e vivere, non solo sopravvivere.
«Ali è simpatico, è bello, è leggero. Non guarda mai al passato, sempre al presente – conclude Arianna - Non fa mai sfoggio del suo sapere anche se ha fatto l'Università Della Vita, del Deserto che ha attraversato con i suoi amici più cari per arrivare qui in Italia (per poi perderli) e sa tantissime cose che noi adulti italiani non sappiamo essere e fare. Lui le sa, ma non te lo fa mai pesare. Ali è stato come un regalo gentile, un arricchimento reciproco».